...... confessioni di una (de)mente pericolosa.............

giovedì 29 maggio 2008

Non sei tu l'Angelo Azzurro

Me lo ricordo, era un pomeriggio freddo e piovoso, stavo rientrando dal doposcuola. Una fermata dalla nonna era d’obbligo, ai tempi, tanto i miei erano al lavoro ed a casa non c’avrei trovato comunque nessuno ad aspettarmi.
Stavo passando davanti al solito baretto “da ubriaconi” che si trovava sulla via, quello da cui mia madre m’intimava sempre di “star lontana” che era sempre pieno di vecchi bavosi.
Fu allora che lo vidi, su una delle ante di legno spesso che coprivano una vecchia portafinestra che nessuno usava più.
Era un manifesto con la foto in bianco e nero di un uomo bruciato, seduto su una di quelle classiche sedie da bar che si usavano allora, quelle con l’intelaiatura di ferro e lo schienale ed il sedile fatti di plastica.
No, non ricordo di quale parte politica fosse quel manifesto, non rammento cosa c'era scritto, non potevo capirlo allora e non mi interessa saperlo adesso.
Ricordo bene solo la paura che provai nel trovarmi di fronte a quell’immagine e di quanto tempo impiegai a seppellirla ben bene nel magazzino riservato alle mie paure bambine, insieme al mostro dall’occhio verde di Spazio 1999, alla sigla di fine programmi della RAI con l’antenna che sale in mezzo al cielo, al pupazzo di Polifemo mezzo putrefatto abbandonato in un prato dopo il carnevale (e dal quale giravo accuratamente alla larga, così, non si sa mai..) e ad un po’ d’altre cose molto meno innocue di così.
E lì sarebbe rimasta, quell’immagine, se non fossi inciampata per caso nelle recensione di un libro pubblicato recentemente, “Non sei tu l’Angelo Azzurro. Una tragedia del Settantasette torinese” di Bruno Babando, che mi ha fatto fare, mio malgrado, un brusco salto indietro nel tempo.
Con trent’anni di ritardo, ora so il nome di quel giovane morto in maniera tanto orrenda.
Si chiamava Roberto Crescenzio, un poveraccio che si trovò nel posto sbagliato al momento sbagliato, come accadde a molti in quegli anni spietati.
Quella giornata finì negli archivi delle cronache come “il rogo dell’Angelo Azzurro”.
Non ho ancora deciso se lo aprirò, quel libro.
Preferirei evitare di doverci leggere il futuro, solo perché non abbiamo voluto o saputo "disinnescare" in tempo il passato.
Che vigliacca che sono.

1 commento:

Lorena ha detto...

Di questa vicenda conosco solo ciò che è stato raccontato. Sono incappata nell'immagine di cui parli quando, qualche anno, la vita mi ha portato ad interessarmi più del solito alle storie dei cosidetti "anni di piombo". Qualche anno fa avevo 26 anni, non ero una bambina che tornava da scuola, eppure rimasi sconvolta davanti a quella foto. E non sono neanche un tipo impressionabile. Ma quella foto si sedimenta nell'anima. Ho impiegato anche io un po' di tempo a rimuovere quell'immagine ma leggerti ma l'ha fatta tornare alla mente, come l'avessi davanti. L'immagine ed il suo carico di sensazioni.

Anche io penso spesso che prima o poi qualcosa riesploderà. Mi dico che sono catastrofica. Poi però leggo che anche tu hai di questi pensieri. E non è consolatorio...