...... confessioni di una (de)mente pericolosa.............

giovedì 10 marzo 2011

Goodbye


Me lo ricordo? Porca miseria se me lo ricordo, come se fosse ieri.
Anzi, era ieri. Era il 12 aprile 1981.
Ero a casa con una caviglia distrutta, dato che a scuola me l'avevano scambiata per il pallone.
Si, beh, non sono mai stata una signorina buona a pettinar bambole, ecco.
Comunque, per farla breve, un paio di giorni prima ero scappata dal pronto soccorso con una scarpa in mano e mamma a far da stampella quando mi ero resa conto che, a dispetto delle mie perplessità,  volevano ingessarmi un piede il quale, radiografie alla mano,  non era rotto e che per di più si stava gonfiando a vista d’occhio minacciando di assumere rapidamente le dimensioni di un cocomero.
Ricorsi alle cure della sempiterna Costanza, che con unguenti naturali, intrugli unti alquanto schifosi e dolorosissimi  massaggi ha rimesso al mondo intere generazioni di scapestrati ragazzini.
Fatto sta che quel pomeriggio, se non ricordo male il lancio programmato per il venerdì slittò poi alla domenica, ero a casa con il piede fasciato davanti alla tv a godermi la diretta del lancio dello Space Shuttle Columbia.
Della serie quando ancora la RAI faceva servizio pubblico e ti piazzava su delle belle direttone in mondovisione per cose un pelo più interessanti del decolleté della Ventura.
Lo confesso, ero preda di un’eccitazione incontenibile.  Osservavo incantata il buffo nasone nero della navetta puntato verso il cielo.
Era una novità incredibile, pensa te, una navetta che si recupera e si riutilizza, mica come quei vecchi bestioni dei Saturn delle missioni Apollo di cui alla fine altro non ti rimaneva se non una specie di ridicola ciambella a mollo dell’oceano.
Che io nella mia testa già me la vedevo una vera base Alpha con lo shuttle a fare la spola tra la terra e la luna.
Il lancio fu un orgasmo: ….3,2,1 and lift off! Vedere la navetta aggrappata al gigantesco serbatoio bianco alzarsi lentamente da terra in una nuvola di fumo e fiamme, vederla iniziare la maestosa salita verso il cielo, lo sgancio dei razzi vettori laterali e poi del serbatoio, che io mi chiedevo stupita come diavolo facessero le telecamere ad inquadrare persino quei particolari lì.
Due giorni di missione seguiti con il fiato sospeso dal mondo intero.
Il 14 aprile 1981, il rientro. Io ero lì, zampetta ancora per aria e naso incollato allo schermo, a vedere quel bestione librarsi nell’aria silenzioso come un uccello, abbassare il carrello ed adagiarsi insospettabilmente aggraziato nella polvere della pista della base di Edwards. E nello spazio quello ci sarebbe ritornato, tutte le volte necessarie.
In quel momento lì pareva tutto possibile, tutto realizzabile. Una nuova frontiera.
Poi la crisi nera della NASA, scelte sbagliate, i tagli al budget, i disastri del Challenger, esploso in volo pochi secondi dopo il decolllo nel 1986, e del Columbia, polverizzato durante il rientro nel 2003, tragedie che costarono la vita agli equipaggi, i due anni di stop delle missioni,  l’imposizione di standard di manutenzione sempre più severi e pesanti che hanno portato ad un aumento incontrollato dei costi e poi l' 11/09/2001, le guerre, i casini, la crisi economica globale.
Fino ad arrivare ad oggi con il pensionamento del Discovery.
Nel bene o nel male per me finisce un’epoca.
Un po’ in sordina, senza le fanfare degli inizi, con un retrogusto un po' amaro, che il mondo nel frattempo è impazzito dietro a ben altre cose,  se ne va un pezzo della mia, della nostra storia.
E' finito un sogno, poco romanticamente "smangiucchiato" dalla realtà, come accade sempre a tutti i sogni.
Però è stato bello.
Domani avvenne.

P.S.: ridendo e scherzando la giurassica Soyuz, pur riveduta e corretta,  ancora funziona.
Ma lo vedi? ‘sti cavolo di comunisti!

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